Una famiglia come tante - Parte 2

Giovanna Esse
Created 4 settimane fa

Parte seconda: Ricordi di passione

La signora Dolores era il quadro preciso di ciò che avrebbe dovuto essere: una vedova perfetta. Giovanile, ma seria; ancora bella, ma composta. Aveva da poco superato la quarantina. Il suo viso era provato, un’ombra di trucco, quasi invisibile.
Indossava un tailleur nero, gonna al ginocchio, calze grigie velatissime, scarpe nere Valleverde chiuse, da vecchia. I capelli castani, non troppo curati, raccolti sulla nuca.
Se ne stava seduta sull’orlo della sedia rococò, con le gambe strette, le mani in grembo che stringevano la borsetta … tutta compunta, tutta costretta.
Non si vedeva ma, di sicuro, stava stringendo anche il culo, per la tensione e per interpretare al meglio il suo personaggio.
Era preoccupata davvero, ma voleva rendere al meglio la sua interpretazione, con la speranza di far colpo sul “buon cuore” del marchese Giraudo.
Lei lo aveva conosciuto, e molto bene, tanti anni prima, ma era una donna che non credeva troppo ai sogni, con i piedi ben piantati per terra ed era certa che lui nemmeno si sarebbe ricordato di lei: una ragazza come tante, come quelle che la posizione, la ricchezza e il prestigio del casato gli avevano permesso di cogliere, tra quelle che andavano e venivano dalla sua vita di giovane possidente scapestrato.
Al suo fianco sedeva Floriana; indossava Jeans e camicetta bianca di cotone. La ragazza non avrebbe voluto essere con la madre, certa di annoiarsi presenziando a quelle chiacchiere pietose, da adulti. Ma, adesso che c’era, non si pentiva di esserci. La madre l’aveva letteralmente costretta ad accompagnarla; per una donna sola e vedova, recarsi in casa del marchese senza un adeguato accompagnamento, sarebbe stato sconveniente.
Floriana era incantata da quel lusso, da quella mobilia vista solo nelle visite al museo, ma ciò che l’aveva colpita maggiormente era lo spazio, la grandezza opulenta di ogni cosa. Tutto era grande, a volte enorme.
Erano arrivate in taxi, nessun autobus conduceva in quel quartiere, tra quel gomitolo di vecchie strade, seppur prossime al centro di Catania. Già arrivare a piedi dal cancello alla villa era stato un viaggio tra viali circondati da aiuole di terra battuta, costellati da alberi secolari, che conferivano all’ambiente una freschezza umida e antica … lievemente triste.
Il portone principale troneggiava dietro un alto colonnato impreziosito da una loggia in marmo consunto dal tempo; di sopra, invece, la ringhiera in ferro si alternava a dei basamenti su cui erano adagiati enormi vasi di terracotta, a forma di anfora, da questi, mollemente e deliziosamente, pendevano piante bellissime, curate e lucide.
Una signora elegante, le stava aspettando e con molta gentilezza le aveva accompagnate, attraversando saloni grandi quanto la chiesa parrocchiale.
La donna spiegò che il Palazzo dei Giraudo era sotto il patrocinio dei beni culturali e che si visitava su appuntamento. Il marchese, invece, le poche volte che era a Catania, viveva negli appartamenti piccoli, una volta destinati alla numerosa servitù.
Dopo pochi passi Floriana dovette rendersi conto che il concetto di piccolo, per la signora, era molto relativo. Però, effettivamente, dopo varie porte istoriate e dorate, arrivarono ad una sala d’aspetto abbastanza usuale, dove vennero fatte accomodare.
Senza chiedere se gradivano o meno, una cameriera con tanto di grembiule immacolato,  pose sul tavolino a pochi passi da loro, un vassoio di pasticcini e piccoli sandwiches, una teiera e un bricco con della cioccolata calda.
Naturalmente la signora Dolores non prese nulla, mentre Floriana assaporò il gusto forte e pastoso di una cioccolata calda e densa. Era così buona da pensare di non averne mai provata di così prelibata...
Da una delle porte proveniva un brusio, a volte concitato; probabilmente era il marchese in persona, che trattava i suoi affari.
Passò più di mezz’ora, poi la stessa cameriera di prima tornò e le accompagnò fino allo studio del marchese.
L’ufficio, più che piccolo era costipato. Completamente circondato da scaffali antichi, zeppi di libri e documenti. Era una stanza speciale, alta cinque metri, come minimo; la parte in fondo era praticamente, una enorme vetrata, antica, con le lastre leggermente opacizzate dal tempo, però la veduta che si godeva da quel punto era spettacolare. Si aveva quasi l’impressione che la stanza fosse stata costruita in funzione del finestrone.
C’erano tre scrivanie, vari computer accesi, un divano spartano, ma di eccezionale fattura e poi c’era un letto, camuffato da divano, ricoperto di stupendi cuscini di raso.
- Eh si! – disse una voce allegra, notando Floriana che fissava stupita proprio il letto, che era posto ad angolo, tra due pannelli rivestiti di seta – la signorina non si sbaglia – continuò quella voce maschile – quello è proprio il mio letto. E’ un sistema all’americana: full immersion, sempre dentro … dormo, lavoro, vivo qui … non mi chiedete però se ne vale la pena … - sorrise ancora – … però, almeno, è comodo! –
Dalle ombre della biblioteca, una figura imponente si fece avanti e la voce prese anche un corpo, il marchese le accolse con estrema cordialità.
Con sorpresa di Floriana, abbracciò e baciò la madre come se la conoscesse da tempo, cosa che fece arrossire la signora, impreparata a tanta cortesia.
L’uomo porse le condoglianze per il lutto di Dolores, poi strinse la mano a Floriana, infine le carezzò la guancia, facendole un complimento bonario … disse qualcosa riguardo ai fiori, che però  la ragazza non afferrò.
Era abbastanza alto, estremamente raffinato nei modi e gentile, ma negli occhi neri il guizzo di un'intelligenza acuta e, all’occasione, perfida, non si poteva nascondere.
Era più giovane di quanto Floriana si era immaginata, ma lei si innamorò del fatto che anche lui indossava dei Jeans, sopraffini … ma sempre Jeans. Questa constatazione la rese briosa.
Anche, il suo profumo le piacque: molto particolare, pieno di venature calde, antiche, rassicuranti. Tempo dopo avrebbe scoperto che si chiamava: Habit Rouge, uno dei più vecchi profumi della Guerlain.
Mentre Floriana studiava l’ arredamento, la madre esponeva al marchese le sue vicissitudini, dandogli del voi, come si usa nel meridione.
Lui, ascoltò senza interrompere, come tutte le persone speciali, aveva la caratteristica di mostrarsi concentrato. Resta un mistero sapere se capiscono accuratamente ciò che gli si dice, oppure se se ne stanno a pensare ai fatti loro, nascondendo ad arte la loro noia.
La signora Dolores, in realtà, non cercava che un aiuto per trovare un lavoro, uno qualsiasi; la morte prematura del padre di Floriana le aveva lasciati in una situazione abbastanza preoccupante dal punto di vista economico.
Il marchese la lasciò parlare, ogni tanto guardava sia la madre che la figlia e Floriana si beava di quello sguardo, che sembrava molto interessato a lei, senza nasconderlo.
Quando la donna finì la sua esposizione, rossa in viso per la concitazione e l’emozione, l’uomo rimuginò per qualche istante senza esprimere alcun parere, con gli occhi chiusi e le mani giunte, dietro la piccola scrivania in mogano.
- Bene, bene , bene … - disse inaspettatamente – ho capito tutto! –
Si alzò e si avvicinò alla ragazza: - Fatti vedere – disse - che bella che sei diventata … e poi con una bella mammina come la tua il risultato non poteva essere che questo! – Sorrise.
La signora Dolores, invece di entusiasmarsi si rattristò, convinta che tutto quanto aveva raccontato al suo conoscente fosse caduto nel più totale disinteresse. Il marchese era rimasto il donnaiolo che lei ricordava: certo che lo ricordava, e abbastanza bene.
Ma l’altro, la stupì con affermazioni del tutto inaspettate: - Ora dobbiamo organizzarci … Devo pensare a questa faccenda. Voglio il meglio per voi, voglio il meglio per la tua famiglia … cosa pensi? Io non dimentico le amicizie e le rispetto e … a proposito, sei tu che mi manchi di rispetto! – esclamò all’improvviso.
Dolores si raggelò e anche Floriana avvertì la sorpresa.
- E certo … arrivi in casa mia … signor marchese, il voi, il lei! Io per te, anzi per voi sono Damiano, ricordi? – poi sorrise, stemperando l’atmosfera che aveva lui stesso creato – Lo so, non ci vediamo da anni, faccio una vitaccia … sempre in giro, ma non mi sono mai dimenticato del fascino della tua mamma. – disse rivolto a Floriana.
- Andate adesso, lasciatemi pensare – indirizzando altrove il suo interesse - per stasera devo anche sistemare un sacco di cose, parto per Roma, ma venerdì dovrei essere di ritorno. Dammi il tuo telefono, Dolores, ti chiamo io! -
La signora ubbidì immediatamente. Madre e figlia erano sorprese dagli atteggiamenti discordanti del marchese Giraudo, ma sperarono ardentemente che il suo interesse improvviso fosse sincero.
Si avviarono lungo il viale che portava al cancello, era quasi sera.
Non si dissero nulla per evitare che orecchie indiscrete potessero ascoltare, ma l’espressione di Dolores non era delle più entusiaste: conosceva quel tipo di persone ed era convinta che, entro dieci minuti, il marchese si sarebbe dimenticato persino della sua esistenza.
Poco prima di uscire dal cancello, la signora Dolores chiese alla figlia di prendere il cellulare per cercare un taxi. Due donne sole per quei viali potevano rischiare qualche brutto incontro a quell’ora. Ma, mentre Floriana armeggiava con la rubrica, una grossa Mercedes grigio percorse silenziosamente il vialetto fino a fermarsi pochi metri davanti a loro.
Un elegante autista ne uscì e aprendo la portiera posteriore, le invitò a salire.
- Sono Ramon, il marchese Giraudo vi prega di accettare un passaggio, prego. -
Le due donne si guardarono e senza pensarci due volte salirono, ringraziando il provvidenziale Ramon.
Dopo pochi minuti erano già a casa. Dolores era frastornata mentre Floriana era innamorata di tutto ciò che aveva visto in quella villa meravigliosa: marchese incluso.
Nonostante l’uomo avesse oltre vent’anni più di lei, non riusciva a dimenticare il fascino di quel signore. I ragazzini che già le ronzavano intorno, diventarono all’improvviso, insignificanti e scialbi.
Non comunicò alla madre tutta questa eccitazione, l’avrebbe di sicuro presa in giro. Erano sole, con la nonna di là che guardava la TV. Il fratello era a giocare a calcetto; ormai i loro rapporti incestuosi erano un ricordo lontano che entrambi cercavano di ignorare, spesso evitandosi accuratamente.
Ora, Renatino, aveva anche la sua prima ragazza e tutt’altre avventure a cui pensare.

Solo tre giorni dopo, il venerdì mattina, un fioraio consegnò un bellissimo mazzo di  piccole rose bianche con un biglietto del marchese su cui era scritto: “Alle belle signore di Catania” … e null’altro.
A Dolores cominciò a battere il cuore, sperava tanto in quell’aiuto e poi, di nascosto dei figli, carezzò quelle rose, permettendosi un attimo tutto per se e per i suoi ricordi più nascosti. Poco dopo, quando i ragazzi erano a scuola, si concesse un momento del tutto privato.
Chiuse accuratamente la porta per evitare di essere disturbata dalla vecchia suocera o dai vicini e si rannicchiò sul divano, perdendosi tra i ricordi.
La sua storia, se così si poteva definire, con il marchese si sarebbe dovuta perdere nei ricordi del passato, ma invece, era ancora molto presente nei suoi pensieri, anche perché era stata la prima e l’unica volta in cui aveva tradito suo marito.
E pensare che era proprio a causa di lui, la buonanima, che lei era caduta, come si dice, in tentazione.
Una mattina di tanti anni prima, all’aeroporto, erano saliti sullo stesso aereo per Roma, insieme col giovane, affascinante nobiluomo.
Egli riconobbe suo marito, che conosceva per motivi di lavoro, e fu molto gentile con loro … Dolores avrebbe saputo, poi, che tutto quell’interesse era più dedicato a lei che ai problemi di salute dell’uomo.
La permanenza nella capitale fu più lunga del previsto e, per una serie di coincidenze ebbe bisogno di rivolgersi a Damiano, questi non aspettava di meglio … la signora Dolores era un boccone prelibato.
Per fortuna fu una storia di puro sesso, non poteva e non doveva avere futuro, né implicazioni, ma la donna non avrebbe mai dimenticato quelle quattro settimane da regina.
Damiano si era dedicato a lei anima e corpo.
Appena lasciato il capezzale del marito dopo l’ora di visite, la signora passava tutto il suo tempo col marchese: forse fu per la passione repressa da anni, per lo stress o, semplicemente, perché aveva perso la testa, fatto sta che la morigerata madre di famiglia si trasformò in una insaziabile macchina da sesso.

Ricordò piaceri sopiti, che piano presero il sopravvento e la donna, che già si stava masturbando, fu scossa da un orgasmo rumoroso ed intenso, lasciandosi andare ad esso senza remore.
Era paga e tranquilla, finalmente dopo mesi di tribolazioni e di incertezze forse tornava a splendere il sereno.
A mezzogiorno il telefono squillò e Damiano in persona invitò la donna a cena, da sola questa volta, per comunicarle importanti novità.
Paga sessualmente e resa venale dal bisogno, Dolores fece salti di gioia, non certo per la speranza di essere scopata dal marchese, ma per la probabilità di ottenere un lavoro, riuscire a sbarcare il lunario e mandare i figli all’università!

Quel pomeriggio volò rapidissimo. Dolores fece venire la parrucchiera. Procedette a una depilazione accurata e si vestì, cercando di entrare in uno dei pochi abiti decenti, sprofondato nell’armadio da un decennio.
Per fortuna le tribolazioni degli ultimi due anni le avevano fatto perdere alcuni chili acquistati con la maturità, così, ironia della sorte, poté indossare di nuovo la quarantadue.
La figlia la costrinse anche a usare un reggicalze e le nascose le collant, in più, da una sua amica, recuperò un corpetto con reggiseno, che era veramente molto sexy.
Dolores si indignò e si vergognò: - Vado a cena per forza e per bisogno, mica devo andare a fare la zoccola! – gridò alla figlia. Ma alla fine si fece convincere.
Nella testa, durante il passaggio nella macchina del marchese, ripensò a sua figlia e alla frase che aveva pronunciato Floriana, la sua bambina: - Dai mamma, metti il corsetto, non si sa mai … ! –
Eh, sì, pensò tra se, il tempo passa e anche sua figlia non era più piccola e ingenua: come ignorarlo?
Alle otto in punto entrava nel ristorante alla periferia di Catania, piccolo, accogliente, servizio impeccabile, pesce squisito!
Damiano, il marchese Giraudo, arrivò pochi minuti dopo, insieme ad un altro signore, un giovane, che però si allontanò prima che lui si avvicinasse al tavolo dove Dolores prendeva l’aperitivo.
- Grazie di tutte queste premure, mi confondete … volevo dire, mi confondi – abbozzò Dolores, alzandosi, mentre Damiano accennava un baciamani affettato.
- Non dire mai più queste cose … - disse il marchese – Tu non sei da meno a nessuno, il destino ci pone in situazioni diverse, ma le persone per bene, che hanno dignità … non sono mai da meno a nessuno, ricordalo. – Sorrise e sedette.
Poi la guardò con attenzione: - Ma sai che per te non passano gli anni? Ti trovo veramente in forma … che fisichetto … ma come fai? -
- Ah, guarda – disse la donna sorridendo sinceramente – che ti devo dire? Saranno i problemi! -
Cenarono in maniera molto leggera, con Damiano che la invitava a godersi la serata, a rilassarsi, a sorseggiare quell’ottimo bianco che la “casa” poteva offrire.
Mentre il tempo passava, la donna si preoccupava sempre di più … iniziò a pensare che l’invito fosse mirato solo a portarsela a letto, come avevano fatto anni or sono.
Non che non avesse voglia dopo due anni di astinenza e di guai, ma la sua impellenza era pensare ai bisogni della famiglia, prima che alle sue.
Il vino la riscaldava, ma non abbastanza da farle perdere la testa.
Provò a tampinare il marchese. Lui si fece per un attimo serioso … poi disse: - Eh dai, rilassati! Che fretta c’è? A tavola non si invecchia. – poi sorrise mentre negli occhi gli balenava un guizzo astuto – Non mi sono dimenticato di niente. Mi faccio un mazzo così, sai? Vado in America … giro mezzo mondo …  – sorseggiò il vino – però, non mi avranno anche quando mangio … non mi piace! La moda adesso sai qual è, Dolores? – La donna fece cenno di no e Damiano continuò, allegro: - Pranzo d’affari, cena d’affari, persino la colazione la mattina … vogliono parlare d’affari! Sai che ti dico - abbassò la voce e sussurrò: - che se ne vadano affanculo! Io, almeno quando mangio, voglio essere lasciato in pace e divertirmi … o, corteggiare una bella donna come te … ah ah! – Rise di gusto.
Presero per dessert dei biscottini alla mandorla con del Passito di Pantelleria e continuarono a parlare del più e del meno, del passato.
Damiano si rilassò e la stessa Dolores, dopo una breve telefonata di controllo a casa, decise di prendere la serata … così come veniva.
- Vieni - disse il marchese – raggiungiamo un angolino più tranquillo, voglio farti vedere che posticino speciale è questo. –
La scortò all’esterno e uscirono dal locale, ma non salirono in macchina, girarono invece intorno al piccolo e caratteristico edificio che era di una rustica eleganza, nei lati che non davano sul mare la palazzina era circondata da olivi secolari.
Alle spalle, a pochi metri, iniziava la scogliera e nella sera inoltrata stava sorgendo una luna bianca, splendida.
Damiano la prese per mano – Stai attenta – le sussurrò, mentre la donna arrancava sui tacchi … impreparata al pavé sconnesso.
Non voleva dire di no.
Voleva dimenticarsi di tutto quella sera e benedisse in cuor suo la figlia, che tanto aveva insistito per farla vestire in maniera provocante. Si era accorta, infatti, degli sguardi sempre più eccitati di Damiano, ma anche della sua soddisfazione nell'averla portata con se, in quel ristorante così esclusivo.
Man mano che arrivavano i clienti, alcuni dei quali conoscevano il marchese, la sua figura di donna minuta, vestita in maniera elegante, dal corpo piacevole e prosperosa nei punti giusti, attirò, e non poco, lo sguardo e la curiosità dei convenuti.

 

Genere

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